Gonzalo Rubalcaba - “Faith” - 5Passions Productions - 2010
Quello della tecnica strumentale, se mi si passa il concetto, è un problema “secondario”: si tratta solamente (si fa per dire…) di accumulare alcune migliaia di ore di esercizio. In un certo senso, non c’è niente da capire. E’ sufficiente imparare a riprodurre dei meccanismi, per quanto complessi. Il vero problema per un musicista di jazz è quello di sviluppare una concezione musicale propria, un fraseggio originale, un modo coerente di affrontare l’improvvisazione. Talvolta il fatto di possedere capacità tecniche straordinarie, paradossalmente, può essere addirittura un elemento negativo nella carriera di un grande musicista. Si è inevitabilmente attratti dal suo virtuosismo e magari si finisce per sottovalutare i contenuti artistici che sa esprimere.
E’ il rischio che ha corso in passato il grande pianista e compositore cubano Gonzalo Rubalcaba, nato all’Avana nel 1963 e stabilitosi da molti anni negli Stati Uniti, che è diventato celebre innanzi tutto per la sua formidabile tecnica strumentale. Fin dalle sue prime apparizioni sulla scena musicale americana lasciò a bocca aperta musicisti ed appassionati per le sue doti funamboliche, ma non tutta la critica lo accolse subito senza riserve. Alcuni puristi storcevano il naso di fronte a certe soluzioni ritmiche ardite, che sapevano di “salsa”, pur nell’astrazione dei contesti in cui venivano disinvoltamente calate, e i giudizi finivano per prendere la piega del “bravissimo, però…”.
In realtà Rubalcaba era già un grandissimo artista e presto se ne sarebbero accorti tutti. La sua musica, che nasceva da un amalgama perfetto di tradizione afro-cubana e di jazz, si è evoluta in forme personalissime, al punto che Gonzalo è diventato uno di quei pochi pianisti contemporanei che si riconoscono subito al tocco. Nel corso degli anni ha imparato a controllarsi, privilegiando sempre più l’espressione musicale compiuta al gesto tecnico fine a se stesso.
Il suo nuovo album di piano solo Faith, recentemente registrato per la sua etichetta indipendente, la 5Passions Productions, è un bell’esempio di questa sua maturazione artistica. E’ un disco raffinato, appassionato, intelligente, mai noioso (come certi dischi di piano solo…), in cui c’è un po’ di tutto (anche il virtuosismo…). Mi è piaciuta molto la ballad Joan per le diverse atmosfere evocate (a tratti mi ricorda Keith Jarrett) ed entrambe le versioni di Blue in Green, bellissimo brano firmato da Miles Davis, ma notoriamente scritto da Bill Evans, reinterpretato in modo astratto. Massì, anche le Improvisations, concessioni al virtuosismo sui changes di Trane. Bravissimo, Gonzalo! Senza “però”.
Corrado Abbate - "il Reportage", 2011