Jack DeJohnette - "Music we are" - Golden Beams, 2009
“Music we are”: un bel titolo per un bellissimo disco, l’ultimo del grande batterista americano Jack DeJohnette, affiancato nell’occasione da Danilo Perez (pianoforte e fender-rhodes) e John Patitucci (contrabbasso e basso elettrico). Nessun riferimento ipocrita all’attualità, nessun ammiccamento ideologico, nessun intento moraleggiante. Solo musica, quella che “noi siamo”, quella che sappiamo fare, il nostro linguaggio, il nostro mestiere.
Una musica che certamente contiene cose che vanno al di là della musica stessa, ma che vogliamo soltanto suonare. Questo sembrano dirci Jack e i suoi sodali. I singoli brani (Tango African, Seventh D 1st and 2nd movement…) hanno titoli quasi “tecnici”, che non pretendono di evocare nulla. Finalmente. Composizioni originali e momenti di improvvisazione collettiva molto ispirati, maturità artistica, esperienza, classe. Perfetto. DeJohnette (che è anche brillante pianista e compositore) inserisce la melodica in alcuni brani, riuscendo persino a non essere superfluo.
Opere come queste ci fanno capire come dietro ad ogni creazione musicale ci sia sempre il lavoro di una vita, lungo, difficile, faticoso, solitario, molto meno “poetico” e molto più “artigianale” di quanto si creda. Ogni musicista segue un suo percorso individuale, dentro di sé, alla ricerca del proprio suono, della propria identità musicale, del proprio fraseggio, teso alla definizione di una cifra stilistica che lo renda identificabile, che ne giustifichi l’esistenza artistica. Tutto ciò non ha molto a che fare con quello che succede nel mondo esterno. E’ il frutto di un’esistenza interiore parallela, di una sorta di “second life” che il musicista è obbligato a vivere, perché non c’è altro modo per sviluppare le proprie capacità espressive e per fare emergere la creatività.
Questo non significa che non ci sia comunicazione tra i due universi, non significa che l’esperienza, l’ascolto o il confronto con altri artisti non contino nulla. Ma sono convinto che nella crescita artistica individuale l’influenza del mondo esterno (mi riferisco ovviamente a tutto ciò che non è musica) sul mondo interiore sia meno forte di quello che si pensa. L’urgenza viene misteriosamente da dentro, più che da fuori. E pertanto non dobbiamo cercare legami diretti fra una creazione musicale ed un evento esterno. Non è mai il singolo fatto ad ispirare l’opera. L’opera è già lì che aspetta di uscire e l’evento esterno può fungere al più da catalizzatore. La creatività, l’idea, vengono sempre da molto più lontano. Il processo creativo musicale procede comunque per conto suo. I titoli si trovano dopo…
Corrado Abbate - "il Reportage", 2010